Se il beneficiario scopre l’esistenza di una polizza vita a distanza di anni dal decesso, il suo diritto è prescritto?
Secondo la Corte Costituzionale, intervenuta sull’argomento con la sentenza n. 32 del 29 febbraio scorso, no.

Le polizze vita sono ormai sempre più diffuse ma nella pratica può accadere che il beneficiario venga a conoscenza di questa designazione a distanza di molti anni e l'art. 2952 c.c., prima delle modifiche del 2012, prevedeva un termine di prescrizione dei diritti derivanti dal contratto di assicurazione di due anni (poi elevati a 10).
Nel caso di specie, il beneficiario avanzava la richiesta di liquidazione nel 2015, mentre il decesso del contraente era venuto nel 2009.
L'assicurazione citata in giudizio opponeva sia la maturata prescrizione biennale decorrente dalla morte del contraente, sia l'obbligo di devolvere gli importi relativi a crediti prescritti al fondo di cui all'art. 1, comma 343°, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (c.d. fondi dormienti).
Il Giudice sollevava quindi quesitone di legittimità costituzionale: il breve termine di prescrizione imposto per le polizze vita risulterebbe manifestamente irragionevole, in quanto non renderebbe effettivo il possibile esercizio di diritti derivanti da un contratto che ha una funzione di risparmio previdenziale. E la Corte Costituzionale ha ritenuto fondate le censure.
La norma censurata vìola il principio di ragionevolezza, di cui all'art. 3 Cost., e, al tempo stesso, pregiudica diritti che derivano dal risparmio previdenziale, tutelato dall'art. 47 Cost.
Nell'assicurazione sulla vita non si rinvengono ragioni idonee a giustificare in sé la previsione di una prescrizione breve, la sua combinazione con un oggettivo dies a quo determina, nel contesto in esame, la manifesta irragionevolezza della prescrizione biennale.