Separazione addebitata al marito, mantenimento alla moglie: assegno parametrato sul tenore di vita coniugale
Per i giudici, comunque, vanno valutati non solo i redditi documentati fiscalmente, ma anche ogni altro elemento economicamente apprezzabile, inclusi patrimoni mobiliari, stili di vita agiati e redditi occultati al Fisco

Ciò che rileva, al fine della quantificazione dell’assegno di mantenimento a favore del coniuge, al quale non sia addebitabile la separazione, e dei figli è l’accertamento del tenore di vita di cui i coniugi avevano goduto durante la convivenza. Questo il principio ribadito dai giudici (ordinanza numero 32349 del 13 dicembre 2024 della Cassazione), i quali hanno perciò confermato il diritto di una donna a percepire dall’ex marito – colpevole di condotta adulterina tale da portare alla crisi della coppia – un adeguato contributo per il mantenimento. Per i giudici, poi, vanno anche valutati non solo i redditi documentati fiscalmente, ma anche ogni altro elemento economicamente apprezzabile, inclusi patrimoni mobiliari, stili di vita agiati e redditi occultati al Fisco. In premessa, analizzando la vicenda, i giudici sottolineano la gravità delle condotte poste in essere dall’uomo in termini di violazione dell’obbligo matrimoniale di fedeltà, violazione attuata attraverso l’instaurazione ed il mantenimento di una relazione extraconiugale non sporadica o occasionale, ma stabile e continuativa e poi esitata in stabile convivenza. Provato, quindi, il nesso causale tra la condotta adulterina dell’uomo e la crisi coniugale, attesa l’idoneità della condotta adulterina ad incrinare in maniera irreversibile il rapporto coniugale ed a determinare un fatto di intollerabilità della convivenza. Accertati tali elementi, i giudici si soffermano sul mantenimento richiesto dalla donna e ribadiscono che il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. E, in questa ottica, per quantificare l’assegno di mantenimento bisogna accertare, quale indispensabile elemento di riferimento, il tenore di vita di cui la coppia ha goduto durante la convivenza, quale situazione condizionante la qualità e la quantità delle esigenze del coniuge che richiede l’assegno, accertando le disponibilità patrimoniali dell’altro coniuge, ossia non soltanto il reddito emergente dalla documentazione fiscale prodotta, ma anche altri elementi di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito, suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti, quali la disponibilità di un consistente patrimonio, anche mobiliare, e la conduzione di uno stile di vita particolarmente agiato e lussuoso, a prescindere, pertanto, dalla provenienza delle consistenze reddituali o patrimoniali godute dal coniuge destinatario della richiesta di assegno, assumendo rilievo anche i redditi occultati al Fisco. Tornando alla specifica vicenda, non sono emersi elementi significativi di un tenore di vita particolarmente agiato, e perciò è stato preso in esame quanto evincibile in ragione delle attività lavorative delle parti, ossia l’evidente divario di capacità reddituale tra la moglie (che svolge attività precaria come parrucchiera a domicilio con entrate modeste) ed il marito (lavoratore autonomo, amministratore unico di una società, titolare di un locale e della connessa attività di bar, ristorazione e sala da ballo, impegnato anche in attività di commercio di prodotti alimentari all’estero e percettore di rendite immobiliari).