Affida il figlio al compagno completamente invalido: minore adottabile
La madre trascura l’igiene della casa affidando anche il minore al compagno che, però, è invalido al 100%, i giudici la dichiarano inadeguata e dispongono l’adottabilità per il minore.

Una casalinga e un operaio convivono stabilmente e la donna svolge saltuariamente l’attività di cura e assistenza domiciliare agli anziani. La coppia ha un figlio che, però, non diventa loro priorità. Infatti, l’uomo è, suo malgrado, impossibilitato a prestare le cure dovute al bambino perché è affetto da svariati problemi di salute che lo rendono invalido al 100%. La donna, invece, mostra un palese disinteresse nei confronti del figlio. Da una segnalazione anonima ai Servizi Sociali del Comune parte l’indagine che porta al collocamento del minore preso una comunità educativa che si trova a più di quaranta chilometri dalla città di residenza dei genitori. A seguito del controllo effettuato presso la coppia, sono emerse «carenze igieniche ritenute incompatibili con l’incolumità del bambino». Infatti, «nella relazione degli assistenti sociali si dà atto che la donna era consapevole di aver trascurato l’igiene della casa e che tanto era dovuto alla necessità di dedicarsi all’attività lavorativa di badante». Vieppiù, viene discussa anche «l’indisponibilità della donna ad entrare in comunità col figlio» perché sostiene di non poter lasciare il lavoro di badante. Il bambino, quindi, va dichiarato adottabile.
Secondo il legale della famiglia, però, la dichiarazione di adottabilità emessa dai giudici di appello sarebbe stata frutto di un giudizio frettoloso, anche perché ritiene che non sia stata considerata «la possibilità di recuperare la capacità genitoriale da parte della madre, onde garantire al figlio il diritto di essere allevato nella propria famiglia d’origine» trascurando «l’oggettiva, grave, ed incolpevole situazione di precarietà in cui si è trovato improvvisamente il nucleo familiare – il padre del minore è stato colpito da tre ictus nel giro di pochi mesi, con conseguente perdita del posto di lavoro –, nonché l’avvenuto ripristino di idonee condizioni igieniche all’interno della casa familiare, oltre che la disponibilità, espressa dalla donna nel corso dell’istruttoria del procedimento finalizzato alla dichiarazione di adottabilità del minore, di entrare in comunità con il figlio, disponibilità non espressa in precedenza per la necessità assoluta di prestare attività lavorativa onde garantire un reddito al nucleo familiare».
I Giudici di legittimità, però, confermano la tesi dell’appello riconoscendo «la totale inidoneità di padre e madre a svolgere il ruolo genitoriale, e la loro impossibilità di un recupero in temi compatibili con le esigenze del figlio». Il padre, infatti, non può incolpevolmente badare al figlio a causa delle sue condizioni di salute che lo rendono invalido al 100% e non autosufficiente. Quanto alla madre, i magistrati sottolineano «la scarsa significatività dell’avvenuta ripulitura della casa da parte della donna, ripulitura avvenuta a cinque mesi di distanza dal collocamento del figlio in comunità». Senza contare che «la volontà della donna di entrare in comunità è stata del tutto tardiva rispetto alle esigenze del minore, e comunque inappropriata al suo migliore e preminente interesse, poiché avanzata in un momento in cui il minorenne (che ha dato importanti segnali di crescita cognitiva e di ripresa emotiva e caratteriale) intraprendeva un percorso di conoscenza con la famiglia affidataria». Secondo i Giudici la donna non avrebbe alcuna predisposizione alla maternità poiché concentrata a soddisfare le proprie necessità «come si evince anche dalla circostanza che ha preferito lasciare il bambino all’ex compagno invalido al 100 per cento, allontanandosi per andare a convivere con un ragazzo, disoccupato, conosciuto online». (Cass. civ., sez. I, ord., 7 marzo 2024, n. 6109)