Responsabilità medica: come ottenere il risarcimento per la colpa dell’anestesista?

In tema di responsabilità medica, il paziente danneggiato non ha l’onere di provare nel processo l’errore medico. Deve infatti dimostrare il danno subito e il nesso causale

Responsabilità medica: come ottenere il risarcimento per la colpa dell’anestesista?

Teatro della vicenda è una ASL torinese dove, prima di procedere ad un intervento chirurgico per ipertrofia prostatica, al paziente veniva somministrata anestesia spinale con bupivacaina. L’uomo però accusava subito un vivo dolore seguìto da una specie di scossa elettrica. Il mese successivo, accusando disturbi alla spalla destra e difficoltà respiratorie, il paziente si era recato al Pronto Soccorso dove gli veniva diagnosticata la paralisi del nervo ascellare destro e dell'emidiaframma sinistro «da verosimile reliquato di anestesia».

Il paziente chiedeva quindi all’ASL il risarcimento dei danni dovuti all’erronea manovra di anestesia.

La domanda veniva accolta dal Tribunale, ma la Corte d’Appello ribaltava la decisione.

Secondo la Corte d’appello il paziente aveva sbagliato a non chiedere la prova testimoniale di quanto accaduto quel giorno per dimostrare l’imperizia dell’anestesista che avrebbe introdotto l'ago nello spazio vertebrale per poi estrarlo e riposizionarlo più in alto, confessando all'infermiera ivi presente di aver sbagliato.

Il paziente ha quindi proposto ricorso in Cassazione. Le doglianze dell’uomo risultano fondate.

La sentenza impugnato ha infatti disatteso le regole sull’onere della prova ponendo a carico del paziente la prova dell'inadempimento della struttura sanitaria. Inoltre ha omesso di accertare adeguatamente il nesso causale tra il fatto e il danno subito.

Infatti, laddove il paziente affermi di aver subìto danni in conseguenza di una attività svolta dal medico sia la responsabilità della struttura sia quella del medico vanno qualificate in termini di responsabilità contrattuale, con la conseguenza che il paziente danneggiato deve dimostrare davanti al giudice il fatto che ha portato al danno e il c.d. nesso causale provando che la condotta del professionista è stata la causa del danno lamentato. Dall’altra parte, alla struttura sanitaria spetta dimostrare o l’esatto adempimento della prestazione medica o l’impossibilità per causa non prevedibile e inevitabile.

La Cassazione accoglie quindi il ricorso del paziente e rinvia la causa alla Corte d’appello per un nuovo esame della vicenda (Cass. civ., sez. III, ord., 5 marzo 2024, n. 5922).

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