Lo scoppio successivo della guerra può far venir meno l’espellibilità di uno straniero
Il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Roma nei confronti di un cittadino ucraino è stato rimesso in discussione dai Giudici di legittimità, i quali hanno sottolineato l'importanza di considerare la situazione bellica nel Paese d'origine dello straniero, anche nel caso in cui tale situazione si fosse verificata dopo l'arrivo dello stesso in Italia.

Dalla pronuncia in commento è emersa la possibilità di revocare l'espulsione dello straniero nel caso in cui si fosse verificata una situazione di guerra nel Paese d'origine durante la sua permanenza in Italia. Il caso ha avuto origine con il decreto di espulsione emesso nel 2017 nei confronti dell'uomo ucraino da parte del Prefetto di Roma. Nonostante i legami familiari in Italia e la guerra in corso in Ucraina siano stati citati dal cittadino ucraino, il Giudice di pace inizialmente ha confermato la legittimità del provvedimento di allontanamento. Tuttavia, il legale nella successiva istanza alla Cassazione ha richiamato il "principio di non respingimento", sottolineando che nessuno Stato aderente alla Convenzione di Ginevra può espellere un rifugiato verso territori dove la sua vita o libertà potrebbero essere minacciate. Questo è stato giustificato sulla base della guerra in corso in Ucraina e del rischio di trattamenti inumani o degradanti in caso di rimpatrio.
La Cassazione ha osservato che il rischio per l'incolumità dello straniero può sorgere anche successivamente alla sua partenza, portando alla necessità di una protezione sul posto. La situazione di conflitto nel Paese d'origine dello straniero è stata riconosciuta come fattore rilevante, indipendentemente dalle circostanze che hanno motivato la migrazione e senza tener conto se il pericolo sia sorto prima o dopo la partenza.
Quindi, a parere dei Giudici, una situazione di guerra successiva all'arrivo dello straniero in Italia nel suo Paese di origine deve essere considerata come possibile causa di non espulsione, in conformità con il Testo Unico sull'Immigrazione. (Cass. civ., sez. I, ord., 14 febbraio 2024, n. 4041)