È possibile aprire una veduta sul cortile di proprietà esclusiva di un edificio?

Il diritto di veduta comporta una limitazione permanente dell'utilizzo di un bene, in favore di un edificio confinante che ottiene un beneficio corrispondente. Questo vantaggio viene considerato come una qualità del bene stesso, inquadrabile come servitù.

È possibile aprire una veduta sul cortile di proprietà esclusiva di un edificio?

Nel caso portato all’attenzione dei Giudici di legittimità, Tizia citava i proprietari di un edificio confinante a causa dell'installazione di una scala metallica nel cortile, sul quale si aprivano tre finestre della sua abitazione. Questa situazione violava il codice civile in quanto a normazione di distanza di aperture di vedute, portando la parte attrice a richiedere la demolizione della scala. Il giudice di prime cure rigettava la domanda attorea tesa ad accertare la violazione e ordinare la demolizione della scala metallica; al contrario, la Corte territoriale decideva che la scala metallica violava le normative in materia ordinandone la sua demolizione. Avverso tale ultima decisione proponevano ricorso per cassazione gli originari convenuti.

Circa l’apertura di vedute su un cortile, in giurisprudenza si registrano due diversi orientamenti.

Secondo il primo orientamento, l'uso di aree comuni a distinti corpi di fabbrica è regolato dalle leggi sulla comunione, dove l'apertura di vedute su tali spazi non può costituire un diritto di servitù di veduta. Ciò perché i cortili comuni sono destinati a fornire aria e luce agli edifici circostanti e sono fruiti dai condomini per queste necessità, senza ledere i diritti dei proprietari confinanti di appartenenza esclusiva. Il secondo orientamento si focalizza sulla comunione di cortili tra edifici di proprietà diversa e la mancanza di un legame strutturale tra lo spazio comune e le proprietà individuali. In questo caso, l'apertura di vedute verso l'area comune rimane disciplinata dalle disposizioni del codice civile. L'intento è evitare che proprietari di singole unità immobiliari impongano servitù non giustificate sulla cosa comune, senza considerare i principi che regolano tali situazioni.

La Corte di Cassazione si arresta sulla seconda posizione, considerandola più adeguata al caso in esame. Ha ritenuto non corretta la valutazione del giudice di merito che ha applicato automaticamente la normativa senza valutare se nel caso in esame vi fosse un acquisto a titolo originario o a titolo derivativo, ma fondando il proprio convincimento solo sull’anteriorità della veduta che da sé sola non costituisce il diritto di veduta. Pertanto, il ricorso è stato accolto, il provvedimento cassato con rinvio. (Cass. civ., sez. II, sent. 23 febbraio 2024, n. 4816)

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