Disoccupato e non più in grado di svolgere il proprio lavoro per un errore medico: sarà risarcito?

Come riconoscere il danno da perdita della capacità lavorativa specifica? Quale rilievo della persistente (pur ridotta) capacità lavorativa? Quale rilevanza dello stato di disoccupazione del danneggiato?

Disoccupato e non più in grado di svolgere il proprio lavoro per un errore medico: sarà risarcito?

Nel caso di specie, a seguito di un errore medico, Tizio, al momento disoccupato, non ha più potuto svolgere il proprio lavoro di autotrasportatore e chiedeva il risarcimento del danno patrimoniale da mancato guadagno (comprensivo sia dell'omessa retribuzione che dell'omessa contribuzione previdenziale) per perdita della capacità lavorativa specifica.

In sostanza la questione sottoposta alla Suprema Corte verte su alcuni aspetti in tema di risarcimento del danno da perdita della capacità lavorativa specifica. Se questo va liquidato ponendo a base del calcolo il reddito che la vittima avrebbe potuto conseguire proseguendo nell'attività lavorativa andata perduta a causa dell'illecito o dell'inadempimento, quale rilievo può assumere la persistente (pur ridotta) capacità lavorativa? Quale rilevanza dello stato di disoccupazione del danneggiato?

La Corte territoriale, nella pronuncia in esame, non ha tenuto conto, nella liquidazione del danno da perdita della capacità lavorativa specifica, delle retribuzioni che il danneggiato avrebbe potuto conseguire in base all'attività lavorativa perduta a causa dell'illecito, ma, al contrario, ha indebitamente attribuito rilievo negativo alla situazione di disoccupazione e alla residua capacità lavorativa generica indicata nella relazione peritale.

Pertanto, per dirimere la suddetta controversia la Suprema Corte afferma il seguente principio di diritto: «in applicazione del principio dell'integralità del risarcimento sancito dall'art. 1223 c.c., la necessità che il danno da perdita della capacità lavorativa specifica sia liquidato ponendo a base del calcolo il reddito che la vittima avrebbe potuto conseguire proseguendo nell'attività lavorativa andata perduta a causa dell'illecito o dell'inadempimento (salva l'esigenza di tener conto anche della persistente – benché ridotta – capacità del danneggiato di procurarsi e mantenere un'altra attività lavorativa retribuita), sussiste non solo nell'ipotesi di cessazione di un rapporto lavorativo in atto al tempo dell'evento dannoso, ma anche nell'ipotesi in cui la vittima versi in stato di disoccupazione, ove si tratti di disoccupazione involontaria e incolpevole, nonché temporanea e contingente, sussistendo la ragionevole certezza o la positiva dimostrazione che il danneggiato, qualora fosse rimasto sano, avrebbe stipulato un nuovo rapporto di lavoro avente ad oggetto la medesima attività lavorativa o comunque una attività confacente al proprio profilo professionale». (Cass. civ., sez. III, ord., 16 febbraio 2024, n. 4289)

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