Quando perdi un parente, chi deve provare il legame affettivo ai fini del risarcimento?
Ci risiamo. Quante volte si è sentito parlare di “errori” medici causati da negligenza ed inottemperanza? Quanto dolore per la perdita di un congiunto si riesce davvero a quantificare e risarcire? Quante volte la Cassazione si è ritrovata a dirimere controversie per il risarcimento del danno per la perdita del rapporto parentale?

In seguito alla perdita di un padre, oltre che marito e fratello, a causa di un intervento chirurgico “mai effettuato”, moglie, figli e sorella della vittima ricorrono in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni da perdita del congiunto che essi attribuivano all’ operato dei medici protagonisti di questa triste vicenda. Il Tribunale di Firenze e la Corte d’appello toscana riconoscevano agli attori sia il danno non patrimoniale iure proprio che quello patrimoniale.
L’Azienda ospedaliera non ci sta e ricorre in Cassazione sostenendo che il danno sarebbe stato riconosciuto senza che gli eredi abbiano fornito alcuna prova del legame affettivo che li univa al loro congiunto. La doglianza, però, è infondata.
Quale deve essere la prova, da parte dei congiunti, del danno conseguenza della perdita del parente? Il Collegio ricorda che «l'uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli o ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti; in tal caso, grava sul convenuto l'onere di provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo»
Ne discende che i giudici di merito hanno correttamente ritenuto di dover presumere l'esistenza di pregiudizi rilevanti, ricavabili dal rapporto di parentela, e va ricordato che si trattava per l'appunto di coniuge, figli e fratelli e dunque «di quella categoria di parenti assistiti dalla presunzione iuris tantum di aver patito una conseguenza pregiudizievole a causa del decesso del congiunto», quindi, competeva alla azienda dimostrare che il decesso del paziente non ha causato nei ricorrenti alcun pregiudizio risarcibile. (Cass. civ., sez. III, ord., 30 gennaio 2024, n. 2776)